Esplorazione, assessment e diagnosi

Esplorazione, assessment e diagnosi

DOMINIO 3

Esplorazione, assessment e diagnosi

La psicoterapia della Gestalt ha da sempre affermato che l’esperienza sana e quella cosiddetta patologica si situano su un continuum senza margini netti e ha diffidato di ogni categorizzazione diagnostica e nosografia. Il valore dato all’esperienza del momento e alla contingenza di ogni situazione hanno fondato la legittimità e il valore di ogni vissuto e hanno evitato di cristallizzare le persone e i loro vissuti in Gestalten fisse.
Questa posizione ha avuto storicamente un importante ruolo non solo nella clinica, ma anche nella definizione di una visione del mondo e della polis: nel considerare l’individuo – e il terapeuta – in rapporto alla polis. Tuttavia non ha esaurito l’esigenza di un confronto su questo tema, che è necessario per progredire nella teoria, per orientarsi clinicamente con i pazienti, per dialogare con colleghi che hanno modelli diversi e, non ultimo, per insegnare agli allievi a lavorare nella clinica.
Perls, Hefferline e Goodman sottolinearono che la diagnosi rappresenta contemporaneamente una necessità e un rischio: «il terapeuta ha bisogno della sua concezione per mantenere un orientamento, e per sapere in quale direzione guardare. È l’abitudine acquisita che costituisce il retroterra di questa come di ogni altra arte. Ma anche il problema è lo stesso di ogni altra arte: come utilizzare questa astrazione (e quindi fissazione) in modo da non perdere la realtà presente e soprattutto lo svolgere attuale di questa realtà? E come non imporre (un problema specifico, questo che la terapia condivide con la pedagogia e la politica) all’altro uno standard invece di aiutarlo a sviluppare le proprie potenzialità?» (Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p. 253).
Lo psicoterapeuta della Gestalt è capace di utilizzare la diagnosi, gli strumenti e le procedure dell’assessment non come una descrizione del paziente, ma come un esperimento, un processo ed un procedimento che gli permette di comprendere meglio la propria esperienza in terapia e a radicare e modulare – in forme e modi adatte e rispettose dell’unicità di ogni singolo paziente – la sua presenza nell’incontro. I modelli diagnostici in psicoterapia della Gestalt, piuttosto che essere un ostacolo alla fluidità della relazione, possono diventare bussole per l’evoluzione della relazione stessa e la crescita del paziente.
Le competenze specifiche rispetto alla diagnosi di cui uno psicoterapeuta della Gestalt dispone si collocano su due livelli:

  • il primo è di conoscere i sistemi diagnostici, i procedimenti e le procedure di assessment più utilizzati ed essere capace di usarli per supportare il processo terapeutico e il contatto con il paziente. A volte, il sostegno viene dalla decostruzione delle etichette per arrivare all’unicità dell’esperienza e della sofferenza di quello specifico paziente.
  • Il secondo livello riguarda il sapere fare una diagnosi gestaltica: cioè la diagnosi, attimo per attimo, del processo di contatto fra terapeuta e paziente. Questo è un processo di valutazione intrinseca, basato sulla percezione sensoriale, che può essere definito diagnosi estetica (dal greco, aestetikos, che significa “percepire con i sensi”). Si tratta di una sintonizzazione implicita, corporea, preriflessiva, patica. Essere consapevoli di ciò che succede momento per momento nel contatto non è solo un atto diagnostico, ma al tempo stesso un intervento terapeutico.

3.1. Uno psicoterapeuta della Gestalt:

 

  • Conosce il criterio intrinseco (o estetico) di valutazione: una valutazione della qualità del contatto momento per momento. In una buona forma di contatto la dinamica figura/sfondo presenta – al grado più alto possibile nella situazione presente – grazia, fluidità, intensità, chiarezza, armonia, ritmo, ecc. I momenti nei quali il contatto perde queste qualità – chiamati nel libro fondante “interruzioni di contatto” – sono percepiti sensorialmente dal terapeuta. La valutazione intrinseca è una valutazione dei fenomeni co-creati ed emergenti al confine di contatto, una valutazione preverbale e precognitiva, un fenomeno intersoggettivo. È una valutazione intrinseca al processo di contatto che non ha bisogno di confronto con norme o punti di riferimento esterni. Questa competenza implica sapere integrare nel proprio stile terapeutico i concetti base della teoria della Gestalt (per esempio, la teoria del campo, l’olismo, la teoria paradossale del cambiamento, la prospettiva del qui ed ora e quella del now-for-next, la teoria del sé, le funzioni es, io e personalità; il concetto di buona forma; la teoria della co-creazione dell’esperienza al confine di contatto e l’adattamento creativo, l’intenzionalità e la dinamica figura/sfondo; la sequenza di contatto e il sostegno alle funzioni di contatto; gli stili di contatto, i fenomeni di transfert e contro-transfert). La diagnosi intrinseca o estetica è un metodo e uno strumento specifico della pdG e deve essere messo in relazione ed integrato con la teoria e la pratica di base di questo modello. Uno psicoterapeuta della Gestalt è allenato ad accorgersi, momento per momento, di come il processo di contatto segua le regole della ricerca della buona forma (fluidità, grazia, luminosità, ecc.), conosce e comprende questo aspetto fondamentale del processo dell’esperienza umana.
  • Conosce l’impatto della diagnosi intrinseca o diagnosi estetica nel processo terapeutico. Essendo un processo di presenza al confine di contatto e di sintonizzazione, la diagnosi intrinseca è già un intervento terapeutico. In questo senso il momento diagnostico coincide con l’intervento terapeutico.
  • Conosce i principali sistemi nosografici (per es. il DSM dell’APA, l’ICD dell’OMS) e principali presidi testologici, le loro principali norme di utilizzo, le relative classificazioni, la storia, gli obiettivi del loro sviluppo e del contesto applicativo. Uno psicoterapeuta della Gestalt conosce i fondamenti epistemologici, la struttura e le classificazioni dei principali sistemi nosografici in modo da orientare gli interventi terapeutici, da partecipare a progetti di ricerca e comunicare con gli altri professionisti e con i colleghi sulla base di un linguaggio condiviso. Gli psicoterapeuti della Gestalt conoscono i limiti dell’approccio nosografico, il rischio progressivo di patologizzare la normalità creando nuove categorie e di creare un’“epidemia di falsi positivi”. Uno psicoterapeuta della Gestalt, quindi, conosce queste classificazioni, è capace di usarle a sostegno della relazione terapeutica e di criticarle costruttivamente nella comunità professionale.

3.2. Lo psicoterapeuta della Gestalt è in grado di:

  • Vedere e utilizzare le risorse del paziente presenti nel campo terapeutico. Il terapeuta è in grado di notare, tenere in primo piano e condividere nel modo e nel tempo appropriato ciò che è positivo, funzionale, sano, creativo e bello nel paziente, nella relazione terapeutica, nel suo campo, nelle sue relazioni, nella sua storia – narrata e incarnata – e nella sua vita.
  • Essere consapevole della qualità del contatto attraverso i fenomeni di contatto percepiti nel qui ed ora tramite i sensi (diagnosi estetica o intrinseca). È in grado di riconoscere le qualità del processo di contatto: forza, grazia, armonia, fluidità, pienezza e ritmo dell’esperienza. È sensibile alle variazioni di questo processo e in grado di essere sintonizzato con esso, sostenendo lo sviluppo della buona forma del contatto nel qui e ora.
  • Essere consapevole dell’impatto della diagnosi intrinseca nel processo di contatto. Lo psicoterapeuta della Gestalt è consapevole di come la sua sensibilità e capacità di sintonizzazione corporea abbiano di per sé un impatto sul processo di raggiungimento della buona forma di contatto ed è consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti nella co-creazione di un contatto terapeutico (il proprio processo di crescita come terapeuta, lo specifico tipo di sofferenza o di pazienti).
  • Utilizzare la diagnosi intrinseca e la ricerca della buona forma al fine di regolare la presenza, la percezione, i sentimenti e l’azione nel campo terapeutico. A partire dalla sua percezione della qualità del contatto, è in grado di regolare la propria presenza al fine di sostenere il processo di contatto. Lo psicoterapeuta della Gestalt è presente non solo come professionista ma anche autenticamente come persona, ed è in grado di valutare il processo secondo un criterio estetico – elaborare la diagnosi – e allo stesso tempo mantenere un contatto umano caldo e accogliente.
  • Riconoscere e distinguere fenomeni di transfert e contro-transfert. È in grado di riconoscere e distinguere i propri sentimenti e quelli del paziente, i fenomeni di transfert e contro-transfert e qual è il campo che l’incontro terapeutico attualizza nel qui ed ora. Lo psicoterapeuta della Gestalt riconosce come la propria esperienza influenzi la diagnosi che egli elabora e lo stesso procedimento diagnostico che egli seleziona ed utilizza. È consapevole che lo svolgimento di un processo diagnostico o psicodiagnostico non è mai un atto oggettivo, emotivamente, socialmente e relazionalmente neutrale. È consapevole, pertanto, dei fenomeni che tali procedure attualizzano (sia nel paziente che nel terapeuta). È capace ed in grado di accogliere, riconoscere e discutere – sia con il paziente che in supervisione – l’emergere o il configurarsi dei fenomeni che una diagnosi ed un processo di assessment può attivare – nel qui ed ora e nel now for next dell’incontro tra terapeuta e paziente e nello stesso contesto organizzativo e sociale – ed è in grado di trattare tali fenomeni quale materiale di estrema rilevanza emotiva, relazionale, clinica e sociale, operando in materia scelte e decisioni di campo adeguate ai suoi valori e ai suoi specifici contesti di pratica.
  • Riflettere criticamente su quali figure sono presenti nel campo e su come esse sono presenti. È in grado di riconoscere il contenuto delle figure dell’esperienza che il paziente sta portando e di capire il modo in cui queste prendono forma e si co-creano. Coglie sia il contenuto che il processo: ciò che il paziente dice, come lo sta dicendo e che effetto ha questo sul terapeuta e sulla relazione.
  • Descrivere il proprio lavoro in relazione alla sequenza di contatto. Dopo la seduta, lo psicoterapeuta della Gestalt è in grado di descrivere e riflettere criticamente sulla sequenza di contatto della seduta, sulle interruzioni o perdite della funzione dell’io, sul processo di co-creazione, sul bisogno di sostegno per il conseguimento della buona forma, sulla qualità del contatto, e su altre possibilità di intervento.
  • Riflettere criticamente sulla propria consapevolezza durante la seduta. Dopo la seduta lo psicoterapeuta della Gestalt è in grado di discutere su come utilizza se stesso nel campo, di descrivere quali aree di consapevolezza ha utilizzato nel lavoro, e di riflettere criticamente su quali scelte ha effettuato durante il lavoro.
  • Utilizzare sistemi nosografici in maniera dialogica ed ermeneutica. Ciò significa portare queste conoscenze ed informazioni nella relazione terapeutica, come concetti che devono essere masticati e assimilati. Ciò che è già noto in termini di diagnosi o psicopatologia deve essere portato nella relazione come in un circolo ermeneutico: questa conoscenza deve essere messa tra parentesi e, se utile, deve essere condivisa con il paziente al fine di sostenere il processo terapeutico. Il terapeuta si focalizza sul processo diagnostico piuttosto che sulla etichetta diagnostica, poiché questa è sempre riduttiva e rigida, mentre la persona è in continua evoluzione e mai completamente definibile. La diagnosi prende forma sempre in un contesto specifico (la storia di vita del paziente, le sue relazioni, la relazione terapeutica) e interagisce con esso. La diagnosi è un fenomeno di campo.
  • Essere consapevole dell’impatto e del rischio insito nella conoscenza dei principali sistemi nosografici, sia da un punto di vista clinico che socio-culturale. Uno psicoterapeuta della Gestalt deve riconoscere il rischio che implica conoscere e utilizzare i sistemi nosografici perché questo lo mette nella posizione di etichettare il paziente. Egli deve essere consapevole che i sistemi nosografici danno forma alla sofferenza in un modo che è determinato dallo specifico contesto socio-culturale e da specifici obiettivi complessi (cioè, non solo per interventi clinici, ma anche per regolamentazioni legali, controllo sociale, prescrizione di farmaci, ecc.).
  • Costruire e decostruire la diagnosi nosografica. I pazienti spesso arrivano in terapia con una diagnosi già fatta e il terapeuta deve essere in grado di accogliere, capire e discutere la diagnosi insieme a loro, al fine di sostenere una comprensione del processo diagnostico che sia autentica, critica e supportiva.
  • Utilizzare sistemi nosografici come strumenti di sostegno al contatto ed al processo terapeutico. Lo scopo di conoscere i sistemi nosografici è supportare il processo terapeutico. Lo psicoterapeuta Gestalt nota, mette a fuoco i bisogni insoddisfatti e i traumi del paziente ed è attento a non ripeterli in modo dannoso nella relazione terapeutica.

A cura del gruppo di lavoro FIAP-CNSP

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Hanno partecipato: Annamaria Acocella, Carolina Alfano, Natalia Aricò, Ilaria Benedetti, Monica Bronzini, Michele Cannavò, Carla Cerrini, Sonia De Leonardis, Andrea De Lorenzo Poz, Antonio Ferrara, Mara Festa, Gianni Francesetti (Coordinatore), Francesca Fulceri, Marilù Fusco, Benedetta Gullo, Roberta La Rosa, Barbara Montomoli, Elisa Mori, Santina Pierro, Paola Pinto, Daniela Santabbondio, Giovanna Silvestri, Margherita Spagnuolo Lobb, Silvia Tosi, Paola Vianello, Riccardo Zerbetto.

Redazione IPGE
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